Lezione 7 – 8 maggio 2024


Nella lezione di oggi vediamo insieme che cosa è l’aoristo. Ci occupiamo prima dell’aoristo debole, che ha una forma sigmatica e una forma asigmatica (le vedremo entrambe in questa pagina). Passeremo poi rapidamente a considerare l’aoristo forte o tematico (su questa pagina).


Chi era Luciano?

Luciano nasce a Samosata (nell’attuale Turchia) nel 120 d.C. e muore probabilmente poco dopo il 180 d.C. Sotto il suo nome ci sono giunti ben 86 scritti di tipologia molto varia che vanno dai testi retorici ai racconti romanzeschi, accomunati da un costante dialogo con la tradizione letteraria in tutta la sua complessità e dalla ricerca di punti di vista nuovi, spesso ironici, irriverenti o paradossali.


Il brano che leggeremo oggi è tratto dalla Doppia accusa di Luciano.

La Doppia accusa è un testo con cui Luciano vuole promuovere la sua indipendenza dagli approcci alla cultura letteraria più popolari all’epoca. Le due accuse gli sono infatti rivolte dalla Retorica, che lo accusa di abbandono, e dal Dialogo (personificazione della filosofia), che lo denuncia per maltrattamenti. Da un lato, quindi, Luciano è criticato per aver abbandonato la retorica, dall’altro è criticato per non praticare la filosofia secondo i dettami delle scuole dell’epoca.

La prima parte dell’opera è un prologo ‘in cielo’ nel quale siamo introdotti ad ascoltare una conversazione fra Zeus ed Ermes. Zeus in particolare è infastidito dalle voci che circolano fra gli uomini con la lentezza con cui amministra la giustizia (e i processi).


Ἀλλ’ ἐπιτριβεῖεν ὁπόσοι τῶν φιλοσόφων παρὰ μόνοις τὴν εὐδαιμονίαν φασὶν εἶναι τοῖς θεοῖς. εἰ γοῦν ᾔδεσαν ὁπόσα τῶν ἀνθρώπων ἕνεκα πάσχομεν, οὐκ ἂν ἡμᾶς τοῦ νέκταρος ἢ τῆς ἀμβροσίας ἐμακάριζον […]. ἐγὼ δὲ αὐτὸς ὁ πάντων βασιλεὺς καὶ πατὴρ ὅσας μὲν ἀηδίας (scocciature) ἀνέχομαι, ὅσα δὲ πράγματα ἔχω πρὸς τοσαύτας φροντίδας διῃρημένος· ᾧ πρῶτα μὲν τὰ τῶν ἄλλων θεῶν ἔργα ἐπισκοπεῖν ἀναγκαῖον ὁπόσοι τι ἡμῖν συνδιαπράττουσι τῆς ἀρχῆς […]. καὶ τὸ πάντων ἐπιπονώτατον, ὑφ’ ἕνα καιρὸν ἔν τε Ὀλυμπίᾳ τῇ ἑκατόμβῃ παρεῖναι καὶ ἐν Βαβυλῶνι τοὺς πολεμοῦντας ἐπισκοπεῖν καὶ ἐν Γέταις χαλαζᾶν καὶ ἐν Αἰθίοψιν εὐωχεῖσθαι.


“Cosa non si meriterebbero quei filosofi che dicono che solo noi dèi siamo beati! Se solo sapessero quante ce ne capitano per colpa degli uomini non ci considererebbero beati per il nettare o per l’ambrosia. Persino io, che sono il re e il padre di tutti, con quante scocciature devo fare i conti, con tutte le cose di cui mi devo dare pensiero. Prima di tutto, devo seguire l’operato degli altri dèi che mi aiutano nella gestione del potere. E la cosa più faticosa di tutte, nello stesso momento devo essere presente al grande sacrificio di Olimpia, tenere d’occhio gli eserciti in guerra a Babilonia, far grandinare sui Geti e partecipare a un banchetto fra gli Etiopi!”


ἐπιτριβεῖεν: ottativo desiderativo.
ᾔδεσαν: piuccheperfetto di οἶδα.
ἐμακάριζον: il verbo è costruito con il gen. della cosa per cui si considera qualcuno beato.