Lezione 2 – 27 marzo 2024


Prendiamo in esame alcuni temi che abbiamo incontrato nel test:

  • le proposizioni sostantive
  • le proposizioni avverbiali
  • le particelle
  • i suffissi e la formazione delle parole


Soffermiamoci su alcuni usi particolari (e comuni) che hanno alcuni dei vocaboli che abbiamo preso in considerazione nella prima lezione.

  • οἷος (69): οἷός τε (spesso seguito da inf.) significa “capace”, “in grado”.

  • ἔχω (28): questo verbo comunissimo significa “avere” quando ha un oggetto (quando cioè è transitivo). Se però è usato in modo assoluto o intransitivo, quando ad es. si lega a un avverbio oppure regge un infinito ma comunque senza un complemento oggetto, allora significa “stare” oppure “potere”.

  • κατά (20): fra i molti usi che possono avere le preposizioni, abbiamo visto che κατά + acc. spesso significa “secondo X”.



Leggiamo insieme questa frase che troviamo nel trattato Sulla fortuna di Plutarco (98d):

μόνος δ’ ὁ ἄνθρωπος κατὰ τὸν Πλάτωνα “γυμνὸς καὶ ἄνοπλος καὶ ἀνυπόδετος καὶ ἄστρωτος” ὑπὸ τῆς φύσεως ἀπολέλειπται.

Soltanto l’uomo, secondo Platone, viene lasciato dalla natura “nudo, inerme, scalzo e senza coperte” (si tratta di un riferimento al Protagora, 321c).


  • In questo passo l’aggettivo μόνος ha un rapporto piuttosto particolare con il sostantivo a cui si riferisce. Per definire questo rapporto si parla di “posizione”: che posizione ha qui μόνος?

  • Riformuliamo il passo in questo modo: ὁ ἄνθρωπος γυμνὸς καὶ ἄνοπλος ὑπὸ τῆς φύσεως ἀπολέλειπται. Si tratta di una frase passiva: come possiamo volgerla nella forma attiva?

    τὸν ἄνθρωπον γυμνὸν καὶ ἄνοπλον ἡ φύσις ἀπολείπει/ἀπολέλοιπε.

  • Nel passo di Plutarco il fatto che l’idea di cui si parla è di Platone è espressa con un complemento: κατὰ τὸν Πλάτωνα. Proviamo a riformulare la frase in modo che la proposizione diventi una dichiarativa retta da un verbo di dire:

ὁ Πλάτων μὲν λέγει . . .

(a) una proposizione infinitiva

ὁ Πλάτων μὲν λέγει μόνον δὲ τὸν ἄνθρωπον γυμνὸν καὶ ἄνοπλον καὶ ἀνυπόδετον καὶ ἄστρωτον ὑπὸ τῆς φύσεως ἀπολείπεσθαι/ἀπολελεῖφθαι.

(b) una proposizione dichiarativa

ὁ Πλάτων μὲν λέγει ὅτι/ὡς μόνος δ’ ὁ ἄνθρωπος κατὰ τὸν Πλάτωνα “γυμνὸς καὶ ἄνοπλος καὶ ἀνυπόδετος καὶ ἄστρωτος” ὑπὸ τῆς φύσεως ἀπολέλειπται.



Come dobbiamo comportarci di fronte a un testo da tradurre?

In questa parte della nostra lezione vedremo insieme i pochi principi che possono aiutarci a tradurre bene e senza crearci problemi inutili.



In questa lezione leggiamo un passo dall’Apologia di Socrate di Platone (32b-c).


Nell’Apologia Platone ricostruisce la difesa di Socrate durante il processo con cui viene accusato di empietà nel 399 a.C. Si tratta probabilmente di una delle prime opere scritte da Platone, e come buona parte dei suoi scritti è dedicata alla figura di Socrate, questa figura scomoda nell’Atene dell’epoca e capace di mettere a disagio con le sue domande politici, uomini d’affari e intellettuali.

Il brano evoca le tensioni che vi furono ad Atene all’indomani della battaglia delle Arginuse (estate del 406 a.C.). In quella occasione gli Ateniesi riportarono una grande vittoria al largo delle isole Arginuse, tra l’isola di Lesbo e la terraferma: gli Spartani persero 60 navi e il navarco Callicratida, che aveva sostituito Lisandro, morì (Senofonte, Elleniche 1.6.29). A causa di una tempesta, i naufraghi non poterono essere raccolti, nonostante i trierarchi (fra i quali Trasibulo e Teramene) avessero ricevuto dagli strateghi, lanciati all’inseguimento del nemico, l’ordine di farlo (Senofonte, Elleniche 1.6.35); Diodoro (13.100.1-2), la cui versione differisce per molti aspetti da quella di Senofonte, afferma invece che la tempesta sorprese gli Ateniesi mentre stavano ancora decidendo cosa fare dei naufraghi e dei morti delle navi affondate. Appena la notizia si riseppe, il popolo destituì gli strateghi sostituendoli con altri di sua fiducia; due dei deposti, Protomaco e Aristogene, non tornarono in patria, mentre rientrarono gli altri sei, Pericle il Giovane, Diomedonte, Lisia, Aristocrate, Trasillo ed Erasinide.


ἐγὼ γάρ, ὦ ἄνδρες Ἀθηναῖοι, ἄλλην μὲν ἀρχὴν οὐδεμίαν πώποτε ἦρξα ἐν τῇ πόλει, ἐβούλευσα δέ· καὶ ἔτυχεν ἡμῶν ἡ φυλὴ Ἀντιοχὶς πρυτανεύουσα ὅτε ὑμεῖς τοὺς δέκα στρατηγοὺς τοὺς οὐκ ἀνελομένους τοὺς ἐκ τῆς ναυμαχίας ἐβουλεύσασθε ἁθρόους κρίνειν, παρανόμως, ὡς ἐν τῷ ὑστέρῳ χρόνῳ πᾶσιν ὑμῖν ἔδοξεν. τότ’ ἐγὼ μόνος τῶν πρυτάνεων ἠναντιώθην ὑμῖν μηδὲν ποιεῖν παρὰ τοὺς νόμους καὶ ἐναντία ἐψηφισάμην· […] μετὰ τοῦ νόμου καὶ τοῦ δικαίου ᾤμην μᾶλλόν με δεῖν διακινδυνεύειν ἢ μεθ’ ὑμῶν γενέσθαι μὴ δίκαια βουλευομένων, φοβηθέντα δεσμὸν ἢ θάνατον.


Io, Ateniesi, non ho mai ricoperto cariche nella città, se non una volta quando feci parte del Consiglio: alla nostra tribù Antiochide toccò la pritania proprio quando voi decideste di giudicare insieme i dieci strateghi che non avevano recuperato i morti e i naufraghi della battaglia navale, e ciò illegalmente, come in seguito riconosceste tutti. Allora solo io dei pritani mi opposi al vostro operato contro la legge e votai contro. […] Credetti di dover correre un pericolo stando dalla parte della legge e della giustizia, piuttosto che essere dalla vostra parte e prendere una decisione ingiusta per paura del carcere o della morte.

ἐγὼ γάρ, ὦ ἄνδρες Ἀθηναῖοι, ἄλλην μὲν ἀρχὴν οὐδεμίαν πώποτε ἦρξα ἐν τῇ πόλει, ἐβούλευσα δέ· καὶ ἔτυχεν ἡμῶν ἡ φυλὴ Ἀντιοχὶς πρυτανεύουσα ὅτε ὑμεῖς τοὺς δέκα στρατηγοὺς τοὺς οὐκ ἀνελομένους τοὺς ἐκ τῆς ναυμαχίας ἐβουλεύσασθε ἁθρόους κρίνειν, παρανόμως, ὡς ἐν τῷ ὑστέρῳ χρόνῳ πᾶσιν ὑμῖν ἔδοξεν. τότ’ ἐγὼ μόνος τῶν πρυτάνεων ἠναντιώθην ὑμῖν μηδὲν ποιεῖν παρὰ τοὺς νόμους καὶ ἐναντία ἐψηφισάμην· […] μετὰ τοῦ νόμου καὶ τοῦ δικαίου ᾤμην μᾶλλόν με δεῖν διακινδυνεύειν μεθ’ ὑμῶν γενέσθαι μὴ δίκαια βουλευομένων, φοβηθέντα δεσμὸν ἢ θάνατον.


Note per la comprensione del testo

ἀρχὴν … ἦρξα: si tratta di acc. dell’oggetto interno.

ἐβούλευσα: qui nel senso tecnico di “essere parte del consiglio” (βουλή).

ἔτυχεν . . . πρυτανεύουσα: part. pred. dipendente dal verbo τυγχάνω. Sulle funzioni del participio vd. la pagina dedicata.

πρυτανεύουσα: part. pred. Anche in questo caso si tratta di un uso tecnico: “esercitare la pritania”. Con questa parola si fa riferimento al fatto che il Consiglio era composto dalle 10 tribù, ognuna delle quali contribuiva con 50 membri; i membri di ogni tribù a turno avevano la pritania per un mese, cioè avevano la responsabilità di presiedere il Consiglio.

ἀνελομένους: “recuperare”.

ἁθρόους: predicativo.

ἠναντιώθην: ἐναντιόομαι + dat. e inf.

μηδὲν: non si tratta di una vera e propria negazione perché dipende da un verbo che indica proibizione/rifiuto.